mercoledì 20 aprile 2011

Articolo 1: "L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione."

Non solo impresa. Il titolo del blog. Di tanto in tanto mi cimento in argomenti che solo in apparenza non hanno attinenza con le argomentazioni cardine del blog. In realtà in questo caso è appropriata l'affermazione "solo in apparenza".
Indubbia è la grandezza dei nostri padri costituenti, in questo articolo e non solo.
A me piace condividere con Voi una lettura dietro le righe.
Oltre alla menzione di quello che è un "gigantesco" valore di un grande popolo, il LAVORO, io leggo un riferimento ad una democrazia che armonicamente esercita il proprio diritto sovrano attraverso un inseme di regole. La costituzione quindi non è da me intesa soltanto come la carta costituzionale, ma come il necessario insieme di regole che un popolo, una comunità, un'aggregazione di persone, un'azienda deve adottare per una sana e corretta convivenza, e per ottenere un risultato, che può essere sociale, ma anche economico.
Quindi LAVORO, seguito da REGOLE. Ma regole vuol dire anche RISPETTO. Rispetto per le persone, per una comunità, per le cose. Il rispetto per gli altri, per il lavoro degli altri, per le cose degli altri e per quello che noi possiamo essere o non essere.

Non è sempre vero che il buono è soltanto all'estero, nel nord Europa, in America, nei paesi emergenti. C'è tanto di buono anche da noi. Ma bisogna vederlo e tirarlo fuori. L'Italia ha un pò dimenticato quanto i giovani sanno e possono fare, chiudendosi purtroppo in un antieconomica ed antisociale gerontocrazia.
Vorrà dire che i giovani dovranno riprendersi quello che per loro, con tanta fatica e gioia, hanno creato i nonni .... Dovranno guardare indietro, saltando una generazione

2 commenti:

  1. Sembra che la parola " lavoro" sia scomparsa dalle citazioni dei mezzi di informazione, viene oscurata,sembra che essendo un problema possa essere rimosso nascondendone la criticità o venga adulcorato con termini
    anglosassoni: Jobs Act. Chi lavora sono i dirigenti politici : "dobbiamo lavorare per migliorare la riforma....", " c'è ancora molto lavoro da fare". Gli operai, i precari, i lavoratori in nero pare che non lavorino più, viene negata anche la loro esistenza. Anche la parola "operaio" è sparita dalle discussioni generali ed è ormai ignorata dai "mass-media",anche nella festa del primo maggio non è più centrale. Per costoro(semiemarginati) rimane appunto il termine "JObs Act" che sembra un nome di un farmaco che tenta di lenire i dolori causati da una malattia insopportabile.
    In Francia hanno rinunciato, forse per patriottismo linguistico, al termine anglosassone ed hanno protestato, anzi stanno protestando portando il governo a riconsiderare la dignità del lavoro e della dignità sociale della parola "lavoro"
    Giorgio

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