lunedì 6 febbraio 2012

Il modello danese della Flexsecurity

La riforma del mercato del lavoro è il prossimo tassello del rinnovamente sociale ed economico promesso dal governo tecnico. La riforma pone al centro del dibattito lo studio di modelli "importati" dal Nord Europa, modelli che hanno mostrato una certa efficacia nel gestire i cambiamenti del sistema economico mondiale e che, soprattutto, hanno garantito negli ultimi anni non soltanto un tasso di disoccupazione estremamente basso ma allo stesso tempo una coesione sociale invidiabile ed una protezione dell'individuo lavoratore, che sopporta senza alcun problema e senza alcun dubbio anche l'alta pressione fiscale.
Parliamo naturalmente della "Flexsecurity", che mostra il suo esempio princiapale in Danimarca ma che si presenta con pochissime differenze anche nel resto della Scandinavia e nei Paesi Bassi.
In che cosa consiste la Flexsecurity?
 I punti fondamentali sono:
- elevata flessibilità in entrata ed in uscita nel mercato del lavoro
- elevata protezione sociale e generosi e prolungati ammortizzatori nel caso di perdita del lavoro
- efficaci ed attive politiche di formazione e re-inserimento nel mercato del lavoro

Il modello danese garantisce quindi sia una elevata flessibilità incontro alle esigenze produttive mutevoli delle imprese (soprattutto delle PMI) sia un adeguata protezione del lavoratore che non sarà mai lasciato solo, attraverso un adeguato supporto al reddito e programmi formativi per lo sviluppo di nuove competenze, fino al re-inserimento in un nuovo lavoro. In Danimarca non esiste la precarietà ed il lavoratore non vive nell'angoscia della scadenza del contratto. Gli ammortizzatori sociali durano fino a 4 anni e coprono il 90% della retribuzione, ma non hanno scopo assistenzialistico. Si partecipa a continui programmi di formazione, si sviluppano nuove competenze e si imparano nuovi mestieri. Allo stesso tempo lo Stato è parte attiva nella ricerca di una nuova occupazione ed il sistema di collocamento è solitamente molto rapido.

Non mancano certo i punti critici. Rimane una certa difficoltà nel reinserimento degli immigrati e delle persone con basso livello d'istruzione, così come spesso lavoratori con elevato livello d'istruzione devono necessariamente adattarsi a lavori che richiedono livelli d'istruzione più bassi con una retribuzione inferiore. Ma non restano disoccupati e questo, a mio avviso, è molto più importante.

Il modello inoltre richiede che il Paese abbia:
- una pubblica amministrazione efficiente ed estremamente deburocratizzata
- un'economia dinamica, variegata ed orientata all'innovazione tecnologica
- alti livelli di istruzione
- un sistema fiscale e di distribuzione della spesa pubblica adatto a sopportare gli elevati costi del welfare e degli ammortizzatori sociali

L'Italia ha tutto questo. Forse no, anzi sicuramente no. Ma deve cominciare a lavorarci seriamente.
Sull'applicabilità della Flexsecurity sicuramente non bastano poche considerazioni, così come è molto complicata la discussione sul nostro sistema di protezione sociale e sulla legislazione alla base del mercato del lavoro. Però non posso evitare di pormi qualche domanda, qualche quesito che tutta l'Italia deve porsi e a cui bisogna rispondere subito, pena la coesione sociale:

1) Per quale motivo gli ammortizzatori sociali, tra cui in primis la Cassa Integrazione, ordinaria ed in deroga, copre soltanto i contratti a tempo indeterminato e le grandi imprese? I precari e i lavoratori delle PMI, la maggioranza per giunta ( ma se fossero stati la minoranza era lo stesso), sono soltanto "sfortunati", sono degli incapaci o sono cittadini di serie B?
2) Perchè le politiche formative in un Paese industrializzato, con 60 milioni di abitanti ed elevati tassi di scolarità sono così scarse e spesso così inefficaci?
3) E perchè proprio le imprese, che vogliono competere sul mercato, sono spesso così disattente alla formazione del lavoratore? 
4) Perchè il nostro sistema pubblico di collocamento molto spesso non funziona per nulla?
5) Perchè soltanto adesso si è pensato (anzi si sta pensando) di spostare l'asse del prelievo fiscale dal lavoro e dalla produttività alle ricchezze ed alle rendite?

Insomma fondamentalmente tutti gli articoli e le leggi di questo mondo o valgono per tutti o per nessuno. Non si tratta di ragionare come "mal comune mezzo gaudio", ma è necessario che nel mondo del lavoro, più che per ogni altra cosa, ci sia il principio dell'uguaglianza.
E' davvero insopportabile pensare che, da un momento all'altro, tutto quanto costruiamo può crollare senza che ci sia nessuno che abbia ad interesse la nostra protezione e il nostro benessere.
Sono davvero odiose le classifiche ed è odioso il benessere di pochi. Molto spesso vecchi.
E' odiosa la formazione a pagamento e promuovere in maniera fumosa l'imprenditorialità senza garantire istruzione e formazione adeguata.
E' odioso non guardare a quello che dovrà succedere fra dieci anni. O fra cinque.

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