Da quanti anni sentiamo parlare di riforma delle pensioni? Non sarà mica la riforma più discussa negli ultimi tempi? Probabilmente sì.
Al centro del dibattito politico, sociale ed economico dell’Italia in crisi esistono diverse scuole di pensiero.
La riforma delle pensioni è da molti accreditata come uno degli strumenti più efficaci per il recupero di una parte del gettito necessario a risollevare l’ormai problematico debito pubblico.
In questi giorni si parla del Piano Fornero. Ma cosa prevede nel dettaglio? Vediamo i punti salienti.
- Sarebbe prevista una finestra dell’età pensionabile tra i 63 ed i 70 anni, con delle penalità per chi va in pensione prima e dei premi per chi tenderà ai “70”. In questo modo si favorirebbe un naturale innalzamento dell’età per coloro i quali si sentiranno ancora produttivi anche oltre i 65 anni.
- Sarebbe necessario raggiungere 100 quale somma degli anni di contribuzione e dell’età anagrafica, con minimo 64 anni. Verrebbe poi detto addio alle pensioni di anzianità.
- Applicazione del metodo contributivo per tutti già a partire dal 2012, con l’entrata in vigore della riforma
- Innalzamento delle quote contributive per i lavoratori autonomi (attualmente al 20%)
- Abolizione dei vitalizi per le classi politiche e delle casse dei professionisti
A quanto ammonterebbe il risparmio? Qualcuno parla di circa 4 miliardi fino al 2015 ed ancor di più successivamente.
A mio avviso ciò che ha costituito una ingiusta disparità è stato il diverso trattamento fino ad ora offerto tra le classi “anziane” ed i “giovani”.
E una seppur apparente riforma penalizzante sul piano pensionistico, così come fatto negli altri paesi europei (penso ad esempio alla Germania) dovrebbe essere equilibrato e reso più sopportabile da un adeguato sistema di welfare, a supporto ad esempio di una certa flessibilità sul mercato del lavoro.
Il problema, in fondo, è sempre lo stesso.
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